giovedì 21 luglio 2011

Fascismo e Regno delle Due sicilie


Per la prima volta da quando sono in rete mi è capitato di trovare strane commistioni fra un certo neofascismo d'antan e la riscoperta dell'antico Regno. Sinceramente sono rimasto basito, poiché se c'è una cosa che scandalizza la gente del sud è proprio l'accostamento fra fascismo e meridione. Il Fascismo fu nazionalista e accentratore, contro ogni separatismo,  tanto che inglobò al suo interno proprio il nazionalismo. Fece proprie le "conquiste" del Risorgimento e Mussolini entrò a buon diritto fra i "Padri della Patria", facendo buona compagnia a Cavour, Mazzini e Garibaldi. Per non parlare poi del carattere assolutamente pacifico ed antimilitarista del Sud Italia per nulla portato ad essere "forgiato" così come imponeva il "figlio del fabbro". Ma i torti non si limitano al periodo del suo governo.  Egli commise errori imperdonabili anche prima. Penso ad esempio alla infausta scelta di cambiare la sua posizione da non interventista a interventista convinto in occasione della Grande Guerra. La  campagna interventista, oltre a regalare lucrose commesse all'industria bellica italiota (del Nord), produsse un copiosissimo spargimento di sangue, senza che il popolo italiano potesse beneficiare di alcunchè. Sangue versato in massima parte proprio dal Sud Italia, in una guerra non sua. All'Italia, infatti, sarebbe bastato rimanere neutrale per avere a costo zero ciò che le fu concesso a fronte di un ingentissimo numero di vite umane. Non solo. Ancora oggi, sfruttando la credulità popolare, si narrano imprese  altisonanti, solo per mascherare incompetenza e malgoverno. Infatti, tanto si è parlato (e si continua a farlo) delle magnifiche opere di bonifica portate a termine nelle paludi pontine. Si dimentica però di dire con altrettanta franchezza che il regime assegnò le nuove terre appena bonificate quasi ed esclusivamente a Settentrionali. Viceversa chi, per secoli, ci aveva campato di stenti, lasciando nelle paludi tantissimi morti per malaria, si vide spodestato da gente del nord. In buona sostanza si ripeté un copione già scritto durante l'inizio del '900. Nel 1906  il ministro (per competenza) si chiamava - nemmeno a farlo apposta  - Pantano. Costui, senza tenere in minimo conto il lavoro degli indigeni, assegnò gli appalti di bonifica a cooperative del nord Italia. E dire che esistevano uomini e competenze anche al Sud ma non furono tenute in alcuna considerazione.

Sempre rimanendo in tema di agricoltura, giova ricordare che Mussolini, contro ogni logica, impose la produzione  intensiva del grano, solo per favorire alcuni proconsoli del P.N.F., anche in zone con una diversa vocazione colturale, ragion per cui, nei primi anni trenta, l'Italia fu costretta ad importare  (per la prima volta) olio di oliva a fronte della scarsa produzione nazionale! Ancora. Questa assurda direttiva aumentò esponenzialmente il divario fra il Nord e Sud del Paese, poiché aumentò il reddito pro-capite degli abitanti del Nord italia a scapito di quelli meridionali. All'uopo vi è un recente studio a cura di due illustri accademici: il Professori Paolo Malanima  (Istituto ISSM-CNR - Napoli)  e Vittorio  Daniele (Università “Magna Græcia”- Catanzaro)   che  dimostrano -senza tema di smentita - come nel decennio compreso  fra il 1928 e il 1938, quindi nel pieno dei regime fascista, il popolo meridionale subì un netto peggioramento delle condizioni di vita. A seguito di ciò, nel volgere di pochi lustri, anche in seguito a minacce di vario ordine e grado, la campagne meridionali furono dissestate  da una aberrante azione di  spiantamento, operata con una furia tipica di un regime tanto irrazionale quanto stupido. Le pregiate colture autoctone del sud furono divelte e sostituite da altre meno adatte al clima mediterraneo e per questo anche meno redditizie. Poi furono ripristinate e sradicate nuovamente, senza alcuna cognizione di causa. Per tal via, vigneti, oliveti ed agrumeti, la cui bontà era universalmente riconosciuta,  furono distrutti, senza che in cambio fosse prodotto nulla di equivalente e fruttuoso. Occorre ricordare che si parla di interventi che comportano ingenti investimenti, sia in termini di lavoro sia in termini di tempo e danaro. L'ulivo, tanto per fare qualche esempio, abbisogna di molto tempo prima che sia pronto a dar frutto. In tal modo tutte le colture autoctone furono notevolmente ridimensionate, fino a ridurre sul lastrico le migliori energie imprenditoriali agrarie.
Invece, come spesso accade nella storia del nostro paese, fu proprio durante il disprezzato Regno delle Due Sicilie che il sud vide fiorire un'agricoltura diversificata e specializzata. E a chi fosse interessato non resta che leggere importanti opere in materia.

Per non parlare poi delle continue vessazioni che dovettero subire i braccianti agricoli, rei di possedere  unicamente le braccia... Nel tavoliere delle Puglie c'era il famigerato Giuseppe Caradonna, capo dei "mazzieri" di Cerignola. Costoro inaugurarono la mefitica pratica della bastonatura al servizio del latifondo, che era solito usare le maniere forti verso quanti non si piegavano ai soprusi dei proprietari terrieri. Il figlio Giulio (deputato per otto legislature nel MSI) seguì le orme paterne, ma invece che sui braccianti si scagliò  sugli studenti a Valle Giulia durante il 1968. Dopo questa "cura" il reddito pro-capite dei meridionali calò in modo esponenziale, mandando molte famiglie sul lastrico.  Sul versante dello sviluppo bisogna annoverare la bocciatura di tutti i progetti che avrebbero dovuto portare l'energia elettrica al Sud, solo per evitare di colpire i grandi gruppi industriali settentrionali, lobbies palesi del P.N.F. Ed è proprio nel decennio 1928-1938 che il divario nord-sud cresce a dismisura come dimostrato da recenti studi in materia. Anche per questo motivo l'esodo dei meridionali crebbe parecchio. Il regime, accortosi di questo stillicidio continuo di famiglie, istituì il Commissariato per le migrazioni e la colonizzazione interna. Ma, a differenza di quanto si sarebbe portati a pensare, il compito di questo famigerato istituto non  fu quello di favorire migliori condizioni per chi si apprestava a trovar fortuna altrove. Anzi, accadde proprio il contrario. La politica del fascio non solo impoverì il sud, spingendo i senza terra ad emigrare altrove, ma, paradossalmente,  impedì, che questi spostamenti potessero aver luogo. Non così avvenne per i settentrionali che, viceversa, ricevettero agevolazioni per recarsi al Sud e ricoprire pure incarichi di rilievo. All'estero, fra l'altro, vennero messe a punto delle forti restrizioni che impedirono il fluire di nuovi immigrati. Punte di intolleranza vennero poi raggiunte dopo la crisi del '29. Il governo italiano vi aggiunse un'inconcepibile misura restrittiva che vietò persino il ricongiungimento famigliare degli italiani all'estero. A ben vedere, dunque, si tratta di un logoro copione che si ripete ancor 'oggi con i lavoratori immigrati.

All'uopo sarebbe interessante rileggere le copie de "il Popolo d'Italia" del 1928 dove Mussolini inveiva contro le baraccopoli dei meridionali...che nascevano come funghi intorno alle grandi città del nord. Allora, dunque, gli africani eravamo noi. Alla fine del secondo conflitto mondiale la situazione era catastrofica per tutti. Ma per il sud la situazione era ancora peggiore. Con la divisione in due dell'Italia è ancora il Nord ad uscirne meno malconcio. Infatti la creazione di due aree monetarie e la diversa politica adottata, ingenerò un'iperinflazione al Sud che invece al nord  non si ebbe affatto.   All'uopo gioverebbe ricordare ai nostri "cari" fascistelli che, a ogni piè sospinto, reclamano la cosiddetta "sovranità monetaria" tre date in particolare:
  1. La  Banca d'Italia nasce nel 1893 con la fusione della Banca del Regno (già privata delle sue abbondanti riserve auree) e di altre banche toscane e fino al 1925 concorre con il banco di Sicilia e il Banco Di Napoli alla cosiddetta "emissione monetaria".
  2. Nel 1926 la Banca d'Italia acquisisce il monopolio della emissione monetaria, desautorando così il Banco di Napoli e quello di Sicilia del diritto di emettere moneta.
  3. Alla vigilia del secondo conflitto mondiale e, precisamente tra il marzo e il maggio del 1940, furono trafugati dal caveu della Banca d'Italia circa 25 tonnellate in lingotti d'oro. Tale immenso carico fu traspostato negli USA via mare, a bordo del piroscafo Rex, in quattro viaggi. Tale carico arrivò nella casse della Federal Reserve, famigerata Banca Centrale, indicata dai neofascisti come il centro dell'usurocrazia mondiale,
Inoltre, come ha giustamente sottolineato lo studioso Marco Saba, nella sua monumentale opera dedicata allo strapotere delle Banche,  durante il fascismo il popolo venne "invitato" a "donare" l'oro alla patria. Quell'oro divenne parte della riserva della Banca Centrale e dovrebbe essere restituito al suo legittimo proprietario: il popolo. Quindi, in conclusione, anche in un campo importantissimo come quello economico e monetario il Duce si comportò malissimo, dimostrando arroganza e pressappochismo, esautorando il sud dal diritto di emettere moneta, avvalorando la truffa colossale legata al signoraggio bancario e, soprattutto, facendo cadere miseramente il falso mito di socializzatore.

©  Aramis