giovedì 1 giugno 2017

Il lavoro non solo come sostentamento ma anche come veicolo principale della DIGNITA' UMANA



Le parole del Santo Padre hanno suscitato molto scalpore, poiché sconfessando la proposta del Movimento Cinque Stelle, hanno messo una pietra tombale su quanti puntavano sul Reddito di Cittadinanza per meri scopi elettorali. Personalmente, non sempre mi sono trovato completamente concorde con il Santo Padre, tuttavia, questa volta mi sento di condividere le sue parole, poiché Il reddito di cittadinanza o comunque lo si voglia chiamare è, a ben vedere, solo una SQUALLIDA ELEMOSINA. Solo attraverso il LAVORO l'uomo viene nobilitato. Il reddito di cittadinanza è solo un surrogato per far fronte alle emergenze e non può essere considerato come una soluzione inderogabile e definitiva. Esso può essere necessario in questa particolare congiuntura di crisi economica ma solo riservandolo alle persone meno abbienti. Non può essere esteso a chiunque, in quanto cittadino, come avrebbe voluto lo scomparso Giacinto Auriti Il reddito di cittadinanza è dunque un surrogato ma non può essere inderogabile e conferito a tutti senza nulla in cambio come voleva Auriti. Il prof. di Guardiagrele giustamente asseriva che il reddito differisce dal salario poiché il salario va corrisposto a chi lavora e il reddito va invece ai cittadini. Auriti aveva anche fornito una sua spiegazione a tutto ciò, fornendo anche la risposta sul chi paga. Ma, chi conosce il meccanismo d'emissione monetaria sa che ciò non è possibile. Con questo, il Papa ha sconfessato anche la teoria di Auriti sulla proprietà popolare della moneta. Teoria costruita a tavolino proprio per motivi propagandistici che nulla hanno a che fare con una seria ricerca scientifica. La moneta, infatti, essendo solo un mezzo per scambiare beni e servizi, non può essere di proprietà di alcuno. L'usura nasce proprio allorquando la moneta assume una seconda caratteristica: la qualità di portavalori. Difatti, dotando la moneta di una doppia funzione: mezzo di scambio e riserva di valore si sono prodotti nei secoli guasti innumerevoli nell'economia.


Codeste due funzioni sono in contraddizione vicendevole: spendere come mezzo di scambio, o tesoreggiare come riserva di valore, sono un aut aut senza termine medio. Per cui si possono definire separatamente, ma non insieme E' la tesaurizzazione è la fonte dell'USURA, il resto, il discorso sulle Banche Centrali è accessorio ed impreciso, assolutamente non fondamentale.

sabato 20 maggio 2017

Le strade del Regno sotto i Borbone



Nel 1828 le strade del Reame ammontavano a 1505 miglia e da quella data al 1855 se ne costruirono altre 3082. Il territorio del Regno delle Due Sicilie non è piatto come quello della Pianura Padana, bisognava attraversare montagne, torrenti e fiumi. Fu costruita l’Amalfitana, la Sorrentina, la Frentana e fu interrotta, a causa dell’unità, la strada che doveva attraversare per intero il massiccio della Maiella ed il Principato di Avellino. Quella strada fu costruita dai governi unitari solo dopo cento anni. E continuiamo con le strade:quella della costiera adriatica, la strada che da Sora portava a Roma, l’Aquilonia che congiungeva il Tirreno all’Adriatico, l’Appulo Sannitica che congiungeva gli Abruzzi alla Capitanata e la Sannita che da Benevento passando per Campobasso arrivava a Termoli. Chiunque, passando per Itri, città che diede i natali al più grande eroe che l’Italia abbia avuto dal tempo dei Romani, Michele Pezza alias Frà Diavolo, troverà una lapide, una delle poche rimaste in tutto il Reame, che ricorda la strada, costruita sotto il regno di Ferdinando II, che inizia appunto dalla cittadina itrana fino a Terni. Proprio così, fino a Terni, detta strada prese il nome di Civita Farnese.e chiunque visiti Gaeta vedrà dirimpetto alla fortezza, volgendo lo sguardo verso Formia, una strada dalla simmetria unica, che volge in alto fin quasi a raggiungere le vette degli Aurunci e colà interrotta dagli eventi bellici del 1860-61 e che avrebbe dovuto congiungere la piazzaforte borbonica con Sora. Come ci ricorda il Durelli “...in breve, dal ’52 al ’56, che sono solo quattro anni, furono costruite 76 strade nuove, di conto regio, provinciali e comunali. Moltissimi i ponti, e fra tutti il ponte sul Garigliano, sospeso a tiranti di ferro, primo in Italia con questa tecnica e tra i primi in Europa. E poi le bonifiche, l’inalveazione del fiume Velino, la colmata dei pantani, la bonifica di tutte le paludi campane...in 30 anni, la marina a vela raddoppiata, la marina a vapore creata dal nulla, che nel 1855 contava 472 navi per 108.543 tonnellate più sei piroscafi a ruota, 6913 tonnellate di barchi diversi. Nel medesimo anno, dei legni a vapore che entrarono nei porti francesi la bandiera delle Due Sicilie era seconda soltanto a quella inglese...”. 8 Molti, ancora oggi si ostinano a dire che i Borbone non costruirono opere pubbliche né strade. Non ci pare che le cose scritte dai componenti la commissione Jacini siano corrispondenti al vero in quanto:”...Dintorno alla capitale vi era una grande rete stradale costruita, mantenuta, con magnificenza romana a spese della pubblica finanza. Le Puglie, soprattutto Terra di Bari e Terra d’Otranto- continua il Jacini-erano fornite largamente di strade, dal 1848 al 1858,il Governo borbonico stanziava per la costruzione e la conservazione di strade al di qua del Faro, l’annua somma di ducati seicentomila, che fu portata dal 1856 al 1859 a ducati 800 mila( 3.400.000 lire del tempo); mentre nel 1860, per le sole opere ordinarie di ponti e strade, erano previsti ducati 947.076,86 ducati( pari a 4.025.076,25 lire piemontesi del tempo)( Francesco Saverio Nitti, Nord e Sud, Laterza Editore, Bari, 1958, pag 549) I Poerio e gli Scialoja scambiarono i tornesi per torinesi e si aggregarono al saccheggio e alla rovina del Sud; i due non conoscevano il debito pubblico piemontese, non sapevano che ammontava a 1.152.000.000 di lire (unmiliardocentocinquantamilioini di lire) del 1860.  Eppure intellettuali liberal-massoni e soprattutto la borghesia del Nord e del Sud volevano la morte del Regno delle Due Sicilie, seppellire quel modello di società, rubare tutto il denaro depositato nelle casse del Reame felice e ricco. Ancora oggi ministri e funzionari della Repubblica chiamano borbonica l’amministrazione dello Stato; il sistema fiscale? Borbonico! La burocrazia? Borbonica! Il sistema bancario inefficiente e barbaro che abbiamo? Borbonico! Le 150.000 leggi che dall’unità d’Italia ad oggi sono state emanate? Borboniche!!! Insomma tutto ciò che di negativo si trova in Italia viene chiamato borbonico. Il borbonismo era altra cosa ed il Regno delle Due Sicilie non era economicamente come il pezzente Piemonte e l’affamata Lombardia. Il Regno delle Due Sicilie era uno Stato molto ricco, dati i tempi. La conferma viene data dalla relazione sulle monete ritirate dai vari stati preunitari.. La verità storica è sempre cosa soggettiva ed empirica ma quando uno Stato come le Due Sicilie viene depredato e agli occhi della gente vien fatto apparire come assistito e parassita, significa che c’è qualcosa che non quadra e che bisogna ristabilire e rimettere le cose al loro posto. Il Sud oggi è in agonia, centoquarantanni di colonialismo sono tanti, la gente vuole lavoro e non vuole più emigrare. Hanno cercato di convincerci che i Savoia e Garibaldi sono venuti a liberarci dall’oppressore borbonico, han tentato in tutti i modi di convincerci, prima attraverso libri e giornali e poi attraverso radio e televisioni che il Sud era ed è povero. A scuola ci dicevano che i nostri territori da sempre sono poveri perche’ montagnosi, alle nostre ingenue domande, i professori rispondevano con arguzia, senza spiegarci niente, forse nemmeno loro sapevano. La Svizzera, montagnosa come e più dell’Appennino, sguazzava nella ricchezza. Alla nostra osservazione il maestro rispondeva che in Elvetia d’estate si pascolavano pecore e vacche e d’inverno gli stessi contadini fabbricavano orologi. Non era vero. In Svizzera portavano i soldi i capitalisti di tutto il mondo, i ladri ed i disonesti, ma noi non dovevamo sapere. I Borbone di Napoli lasciarono il loro denaro nelle banche di Napoli e furono chiamati ladri; i garibaldini lo rubarono quasi tutto e sono stati incensati come eroi e padri della patria. Francesco II era disonesto? I Savoia riempirono le banche svizzere e quelle inglesi dei soldi rubati in Italia e i tribunali di quegli stati, a richiesta della repubblica italiana, non vollero farli restituire.In Inghilterra,il giudice Vassey, nel secondo dopoguerra, respinse l’istanza giudiziaria della giovane Repubblica italiana, perché fosse restituito il milione e mezzo di sterline depositate dai Savoia nella Banca Hambros.8) Forse quel giudice era massone oppure non conosceva la storia dell’Italia unita.. 

( ANTONIO CIANO)